Teatri a Berlino, la vertigine della Storia

Roberto Canziani, «Hystrio», aprile-giugno 2020.

Alle città del teatro - partendo dalla nostra Milano (a breve una riedizione) - Cue Press dedica Le Guide, una collana diretta da Andrea Porcheddu.

La tappa più recente è Berlino.

Sostiene l’autrice, Sotera Fornaro, che proprio qui ha trovato realizzazione, nell’ultimo decennio e «con un accentuato e inarrestabile processo di estetizzazione», la «società dello spettacolo» annunciata più di cinquant’anni fa da Guy Debord.

Non si può darle torto pensando che, fra le capitali europee, Berlino è quella su cui la storia recente ha operato le più importanti (e dolorose) metamorfosi.

«Tutto cambia, si trasforma: da almeno venticinque anni la città si frantuma in una serie di cantieri aperti.

Basta mancare un mese per trovarvi nuovi edifici, locali, punti d’attrazione.

Eppure tutto si inscrive in una tradizione che resiste, non è sepolta dal nuovo look turistico della città». 3 milioni e mezzo di abitanti, 6.000 artisti, circa 500 compagnie di teatro e danza, 35 teatri o luoghi di performance.

«La messa a nuovo e la ristrutturazione della Berlino di Federico II, corrisponde a una mimetizzazione della Berlino nazista»: dalla Komische Oper alla Volksbühne, dalla Staatsoper al Maksim Gorki Theater, dal Berliner Ensemble al Deutsches Theater, e ricominciando il giro, fino alla Schaubühne.

Dai Landmark del centro a spazi più laterali, come i cortili di Hacke, a quelli a basso indice di integrazione, nel quartiere operaio di Neukölln.

È tra queste vie ed edifici che l’autrice ci conduce, alternando passato monumentale e presente eccitante.

Così la seguiamo mentre si incammina lungo la celebre Unter den Linden.

Scorriamo con lei locandine e programmi di stagione.

Respiriamo in quelle sale, tra quel pubblico.

Sentiamo la temperatura di una città, attraversando la quale - diceva il premio Nobel Imre Kertész - «si è presi dalla vertigine assurda della Storia».

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