«Dai corpi al testo», recensione di Emilio Nigro (persinsala.it)
Emilio Nigro, «Persinsala.it», 10 ottobre 2022
La partecipazione ad un bando. L’insperata risposta positiva. L’entusiasmo. I preparativi. Dario e Domenico (Dario Natale e Domenico D’Agostino) a guardarsi con gli occhi trionfanti e la coscienza dello sforzo, dell’appagamento del sacrificio, che adombra poco l’arco della vittoria. Il Tip teatro, per loro che l’hanno fatto nascere, sembra tirarsi a lucido; ogni cosa non tace, dice di ricordi, di promesse finalmente mantenute.
A Lamezia Terme, Calabria tirrenica e centrale. Tra le province di Cosenza e Catanzaro, a un respiro dalla Costa degli Dei, probabilmente una delle più incantevoli d’Europa. Nella terra di ‘ndrangheta, evitando piagnistei dal sapore della commercializzazione dei dolori a fini di persuasione (pratica diffusa in regione), un presidio culturale, sociale, etico, punto di riferimento per ogni strato sociale.
Tutto pronto per realizzare il bando. Si pensa a Silvia Gribaudi, danzatrice – a stringere la divaricazione tra vocazione e proposta (la passione di Dario Natale per la danza, il ribadire la potenza dei nuovi linguaggi) – l’idea è del laboratorio aperto, professionisti e neofiti, un osservatore critico. E poi il covid. Il lockdown. La scappatoia: realizzarlo in streaming. Graces Anatomy, a cura di Sandra De Falco, per la penna di Michele Di Donato, edito da Cue Press (69 pag. 14,99 euro) è letteralmente il diario di bordo di quella esperienza.
Introduzione di Dario Natale e Domenico D’Agostino (Scenari visibili), in postfazione il resoconto dei partecipanti, parola a chi precedentemente aveva usato il corpo. Emozioni vivide, incanalate e costrette e perciò liberate in meccanismi puri di espressione. La rappresentazione a significare movimenti intimi tradotti in gesti, tentare di incarnare l’irrappresentabilità del presente vivo. La penna di Di Donato, sensibile auditore, pennella a guazzi d’acquerello, descrive a rigore di cronaca e verseggia coinvolto nella partecipazione. Quaranta performer, l’oggetto immaginifico del pensiero tradotto. Un’opera scultorea di riferimento: Tre Grazie, di Antonio Canova, «un nuovo ordinamento degli spazi dettato dai corpi».
Alcune foto prima di calare il sipario, postcards di un remoto tornato a galleggiare. Si fa inconsueta testimonianza, il volumetto, di vissuti umani in situazioni altre da cosa è convenzionalmente accettata come quotidianità. E di come l’arte, qualora ancora ci fosse bisogno di ribadirlo, si sovrapponga ai responsi di anima e psiche settati in modello seriale. La liberazione dei corpi, rianimati quali tracce di linguaggio, di presenza, di comunicazione, di relazione con l’altro. Un pezzo immancabile, nelle biblioteche teatrali.