«Dalle pitture vascolari alla fotografia digitale, l’importanza della iconografia per meglio conoscere il teatro del passato», di Andrea Bisicchia (Lo Spettacoliere)
Andrea Bisicchia, «Lo Spettacoliere», 26 dicembre 2022
L'iconografia è stata, sempre, una fonte per riguardare le arti del passato e lo è stata, in particolare, per il teatro, dato che ad essa sono spesso ricorsi gli storici per ricostruire, insieme ai testi, le particolarità sceniche che hanno caratterizzato le messinscene del tempo, pertanto la documentazione figurativa, costituita da pitture vascolari, illustrazioni, immagini pittoriche è stata determinante per meglio conoscere le tragedie antiche, la Commedia dell'Arte, le interpretazioni degli attori, con i loro costumi d'epoca, finalizzate a meglio conoscere il rapporto esistente tra dimensione visiva, dimensione spaziale e dimensione teatrale.
In un volume, pubblicato da Cue Press, In forma di quadro. Note di iconografia teatrale, di Renzo Guardenti, non solo avvertiamo la passione dell'autore per l'argomento trattato, ma anche il suo modo di intendere la ricerca scientifica su alcuni periodi storici del nostro teatro, a cominciare dai primi Italiens che operavano a Parigi, ovvero dai nostri Comici dell'Arte, per arrivare al Settecento e all'Ottocento, con riferimenti a Talma, Marrocchesi e Sarah Bernhardt, attori dei quali Guardenti ha percorso la loro storia utilizzando non solo gli studi a essi dedicati, ma anche i materiali fotografici rinvenuti, per meglio inquadrare alcuni modelli dell'attorialità italiana ed europea.
Il volume contiene anche un saggio sulla iconografia viscontiana, applicato ai suoi spettacoli, a cominciare da A porte chiuse di Sartre del 1945, con Rina Morelli, Paolo Stoppa, Vivi Gioi, un saggio che va considerato anche come una riflessione sul modo di mettere in scena da parte di Visconti. Lo studio di Guardenti, che insegna Storia del teatro presso l'Università di Firenze, aiuta a capire meglio in che modo avvenga il processo compositivo, cosa determina l'arte della visione e in che cosa consista la traslazione tra visione esteriore e visione interiore. Gli apparati metodologici utilizzati dall'autore fanno riferimento agli studi ormai classici di Kernodle, Panofsky, Warburg, Zorzi, Ragghianti, tutti attenti a ricercare i significati intrinseci e simbolici di un'opera d'arte, oltre che quelli della sua doppia natura, ma ciò che interessa maggiormente all'autore è capire il rapporto esistente tra immagine e pratica scenica, tra linguaggio figurativo e linguaggio rappresentativo, tra teatralità della pittura e la sua correlazione con la resa scenica.
Secondo Guardenti, la memoria di uno spettacolo tende a depositarsi e a sedimentarsi nelle arti figurative, con particolare riferimento a spettacoli dei secoli scorsi, fino a creare un vero e proprio processo di 'traduzione' e di 'trasmutazione' che offre delle tracce o delle indicazioni per meglio comprendere e, magari, approfondire un evento spettacolare, del quale ci sono rimaste delle immagini visive che a loro volta si possono scomporre, ingigantire, grazie ai recenti mezzi tecnologici, e permettere, attraverso i dettagli, di capire il significato di una azione o di una interpretazione.
In simili casi, lo storico procede nella sua indagine, utilizzando il metodo dell'assemblaggio o dell'analisi del frammento, per ricostruirne una forma di archetipo e restituire al mosaico ricomposto una specie di unità. Del resto, il frammento è stato oggetto di teorie estetiche che lo hanno reso un 'segno' autonomo, il cui risultato è percepibile nella 'contemplazione dell'istante'. Il frammento possiede una sua fissità, ma, come sosteneva Benjamin, nella immobilità si insinua la dialettica. Tutto questo è ancora percepibile nella fissità delle immagini che riguardano, per esempio, attori e spettacoli della Commedia dell'Arte, ripetutamente studiata da Guardenti, oppure attori e attrici tra Settecento e Ottocento, che grazie al materiale iconografico, mostrano delle posture utili per conoscere le loro pratiche interpretative.
Questo lavoro rende più moderna la coscienza storiografica, applicata alla voga figurativa e ai riscontri in contesti diversi, come quelli che si trovano nei Castelli, nei Palazzi signorili e, in forma ridotta, persino nelle porcellane.
Come non fare riferimento a Tiepolo e alla qualità teatrale della sua pittura e ai suoi ben noti Pulcinella?
Il volume è diviso in due parti, una teorica (pp. 145) e una figurativa (pp. 120), a dimostrazione di come certe tesi sostenute dall'autore siano fondamentali per capire il rapporto esistente tra Teatro e Iconografia.