Elogio del disordine
Benedetta Colasanti , «Drammaturgia».
La recente riedizione Cue Press di Elogio del disordine, raccolta di testi autografi di Louis Jouvet, si fregia della Prefazione di Stefano De Matteis in cui si ricostruisce il percorso artistico dell’attore francese: dalla formazione con Léon Noël e Jacques Copeau, all’esperienza nel mélo e nelle stagioni newyorkesi presso il Garrick Theatre, fino alla carica di direttore tecnico dei teatri degli Champs-Elysées (1922) dove continuerà a svolgere anche l’attività attoriale.
Una carriera, quella di Jouvet, caratterizzata dalla «passione minuta, l’ossessiva attenzione, la riflessione costante sulla pratica e sulla materialità dell’agire», piuttosto che da un successo fortuito e immediato. De Matteis ci pone davanti a un uomo di formazione umanistica; a uno studioso di ampie vedute (laureato in farmacia) orientato verso la componente artigianale del teatro. Pur ostile alle classificazioni, Jouvet tramanda una serie di nozioni: «il comédien non ha che conoscenze pratiche», il teatro è un «luogo di poesia, sogno ed evocazione» e l’arte del teatro è «comunione nella menzogna», un tacito e convenzionale accordo tra autore, attore e spettatore. Senza prescindere dalla teoria Jouvet si rifà al Paradoxe sur le comédien (1830) di Diderot filtrato dalle riflessioni di Copeau e, prima, di Stanislavskij.
Rifuggendo coercitive definizioni e classificazioni, Jouvet propone un Elogio del disordine teatrale in quanto l’atto del «recitare è propriamente una distruzione di sé», «l’opera del poeta è un disordine» e il teatro tutto è un «tumulto interiore a suscitare nello spettatore la curiosità». L’attore è programmaticamente dedicato a professionisti come Garrick, sul filo della distinzione tra attore e comédien; a differenza del primo, vincolato dalla propria personalità, il secondo può interpretare qualsiasi ruolo. Del comédien si illustrano la formazione, i requisiti fisici, le modalità di interpretazione del testo, il rapporto col pubblico.
In Tecniche, personaggi, testi De Matteis ricostruisce l’opinione di Jouvet sull’arte della recitazione con un focus sul mélo e un paragrafo sulla Vocazione necessaria all’attore per rispondere alle proprie ricorrenti domande: «perché diavolo sono qui? Che mania, che strana bizzarria, che sregolatezza» e ancora «perché sono lì, loro, gli altri, seduti in questa sala a guardarmi? Per quale curiosità?».
A una più breve riflessione su La recitazione seguono le Divagazioni del comédien: una descrizione dell’intimo rapporto tra attore e personaggio, dove il testo – la battuta – deve essere ricondotto al «momento dell’enunciazione interiore» al fine di non giudicare un personaggio «come gli psicologi, né fare deduzioni o induzioni come i logici» ma di accettarlo così com’è, con imparzialità.
Infine le Lezioni sul Tartufo sono dedicate alla pratica della messinscena e alle motivazioni che conducono via via alla scelta del testo.
Il volume è corredato dalle Note ad alcuni concetti ricorrenti, una storta di glossario redatto a partire dalle definizioni date da Jouvet (come appunto “acteur e comédien”, “azione”, “carriera”, “esperienza”, “maschera”, “personaggio”, “teatro”), e da alcune sue lezioni di teatro. Segue una schematica Biografia cronologicamente organizzata.