Il teatro francese, uno studio storico-critico
Giuseppe Liotta, «Hystrio», luglio-settembre 2020.
Agguerrito studioso di teatro francese e traduttore di saggi e testi, nonché critico teatrale, drammaturgo di pièces divertenti e insolite, Gianni Poli, con questo impressionante, complesso e problematico volume, compone una laboriosa e accurata storia dei ‘fatti teatrali’ che hanno contribuito a costruire un plausibile ritratto, peculiare e scientifico, del teatro in Francia dalle origini medievali al 1887. Uno sguardo che tiene insieme, in una comune idea di teatro, manifestazioni spettacolari molto diverse fra loro e collocate in differenti spazi, declinate in modalità diverse nel corso dei secoli rispetto al luogo e al tempo storico-sociale di appartenenza, ma tutte accomunate da una modalità di rappresentazione che ha i suoi fuochi centrali nello spazio/luogo di riferimento, nella figura dell’attore e nel testo scritto. Il problema di un’estetica teatrale che tende a farsi cronologia degli eventi, o storia e teoria dei medesimi, è continuamente presente nell’ampia e documentatissima riflessione storiografica di Gianni Poli, che fa appello a varie discipline – giuridiche, economiche, letterarie – in un costante incrocio di prospettive metodologiche, plurime e disomogenee, e tuttavia concorrenti ad ampliare e ridefinire i cinque capitoli in cui è divisa l’opera. Che ha l’ulteriore pregio di tenere fermi – nel suo fitto dialogare umanistico/filologico e in una prospettiva, non solo storica, rovesciata – la dimensione temporale dell’oggi e lo stato degli studi contemporanei più avanzati sulle scienze della rappresentazione con particolare riguardo alle tesi di studiosi accademici come Le Goff (sul significato di ‘documento’), Bloch e Febvre (fondatori degli An- nales di storia economica e sociale), Marco De Marinis (a cui Poli rimane debitore della nozione di ‘storiografia’ applicata) e, per finire, Raimondo Guarino, di cui questo prodigioso e fondamentale lavoro rende quanto mai vera l’affermazione: «La metodologia storica ha smantellato la centralità dell’evento».