Memoria Ustica. Quarantun’anni fa la strage. In un libro le interviste agli artisti che non hanno mai smesso di interrogarsi

Massimo Marino, «Corriere di Bologna».

Gli anni passano, scorrono gli anniversari, ma la voglia di conoscere la verità non viene meno. L’anno scorso la cifra era tonda: 40 anni dalla strage di Ustica, quest’anno sono 41: 27 giugno 1980, cade un Dc-9 dell’Itavia con 81 persone a bordo. Non si tratta di «cedimento strutturale» né di esplosione interna: la verità, accertata giudizialmente ma ancora non riconosciuta in modo ufficiale, è che un aereo civile fu abbattuto nel corso di un’azione di guerra tra velivoli di diverse nazioni, alcune alleate dall’Italia. E che sul fatto fu stesa una cortina fumogena di silenzio.In questi anni lunghi quanto la vita di un uomo maturo, l’Associazione dei parenti delle vittime, guidata da Daria Bonfietti, si è sempre battuta per la verità, per sensibilizzare l’opinione pubblica e per dare una dimensione al dolore. Lo ha fatto con battaglie giudiziarie, ma anche ricorrendo alle testimonianze e alle invenzioni delle arti, con rassegne di teatro, installazioni, concerti, serate dedicate alla poesia nella notte delle stelle cadenti. Caparbiamente ha voluto che intorno a i resti dell’aereo,recuperati dal fondo del mare, sorgesse il Museo per la memoria di Ustica, con l’installazione di Christian Boltanski. Da quando il Museo è attivo, davanti all’edificio, nel Parco della Zucca (via di Saliceto 3/22) si svolge ogni anno una rassegna dedicata alle arti. E anche quest’anno, fino al 10 agosto, si snoderà con spettacoli, concerti, incontri, a partire dall’installazione Battaglia aerea di PetriPaselli oggi, per proseguire con i danzatori Ginevra Panzetti e EnricoTicconi, e poi con Ottavia Piccolo, Marco Paolini, Enrico Rava e Andrea Pozza, per concludersi con la serata di poesia di San Lorenzo a cura di Anna Amadori e Francesca Mazza. E dato che la memoria ha bisogno continuamente di essere coltivata per non deperire, intanto Andrea Mochi Sismondi, una delle anime, con Fiorenza Menni, di Ateliersi, ha raccolto oltre 50 testimonianze in un bel libro principalmente costituito di interviste, Il segno di Ustica, edizioni Cue Press. Sarà presentato nel Parco della Zucca il 15 luglio, in collaborazione con l’Istituto Parri. «L’incontro con la strage di Ustica è una di quelle esperienza che sono in grado di cambiare la prospettiva attraverso cui guardi il mondo», confessa l’autore nell’introduzione. Con la consapevolezza che lavora su «un fenomeno ancora completamente in corso», nel 2018 inizia il percorso che lo porterà al volume, attraverso «conversazioni con artisti e pensatori intorno alle motivazioni, alle esperienze e alle riflessioni nate dal lavoro sulle opere» presentate negli anni. E così nasce questo libro, che parte con un dialogo con Daria Bonfietti, si sviluppa con una descrizione del Museo, un’intervista a Boltanski, un’analisi con la semiologa Patrizia Violi di come l’attività artistica può ridefinire la percezione della strage, con interventi di Roberto Grandi e Maura Pozzati, e quindi intervista gli artisti che dal 1992 hanno creato spettacoli sulla strage o partecipato alle rassegne o fatto foto come Nino Migliori: da Marco Paolini e Giovanna Marini a Virgilio Sieni e Simona Bertozzi, a organizzatori come Ruggero Sintoni e Cristina Valenti, ai registi della serata di poesia, da Mariangela Gualtieri e Vetrano-Randisi a Paolo Billi. Il libro sottolinea come l’arte sia un’importante sostituzione dell’esperienza del cordoglio, dato che il luogo della strage, tra i cieli e gli abissi del mare, non si può visitare. E allora, su quell’idea di volo spezzato, di caduta, di violenza, di «insepoltura» è l’immaginario a fornire fili per configurarsi l’inimmaginabile. Sottolinea la necessità di trasformare il dolore e la coscienza individuale in narrazione e consapevolezza collettiva, continuando a denunciare depistaggi e silenzi. Il volume sposa pienamente la prospettiva dell’Associazione parenti di non puntare sul lutto privato ma sulla dimensione pubblica dell’evento, continuando a denunciare l’incapacità dimostrato dallo Stato di tutelare i propri cittadini. Considerando, infine, come la vicenda di Ustica non comporti solo uno sguardo al passato, ma chieda l’occhio aperto su un presente ancora di false notizie, di verità dimezzate, per un futuro differente.