Musil drammaturgo: in libreria le nuove traduzioni
Flavia Foradini, «Il Sole 24 Ore».
È tenace non solo in Italia l'idea che Robert Musil sia un autore ascrivibile prettamente al settore della prosa. Il suo folgorante debutto nel 1906 con I turbamenti del giovane Törless, i suoi racconti e le sue novelle, e soprattutto L'uomo senza qualità hanno creato un cono d'ombra che ha oscurato la sua produzione teatrale, comprendente due opere principali che non hanno mai avuto davvero fortuna: I fanatici, imperniata su una disamina del tema del tradimento, pubblicata nel 1921 dopo una gestazione di oltre un decennio, e l'ironica e disincantata Vinzenz e l'amica di uomini importanti, compiuta nel 1923.
Ne era conscio lo stesso Musil, che nei suoi diari definì I fanatici: «una nebbia di materia spirituale senza scheletro drammatico».
Proprio l'espressione «scheletro drammatico» ha indotto Massimo Salgaro, germanista dell'università di Verona e studioso di Musil con all'attivo numerosi saggi su diversi aspetti della produzione dell'autore austriaco, a addentrarsi nel pieghe del teatro musiliano per cercarne una nuova visione e ‘riposizionarlo’. Per i tipi di Cue Press ha affrontato il tema sia come ricercatore che come traduttore. Robert Musil. Teatro propone sia nuove traduzioni delle due commedie, sia l'inedito Preludio al Mélodrame Lo zodiaco, datato 1920 e quindi antecedente alle due opere principali, mentre nel saggio introduttivo Salgaro si immerge nel contesto storico-letterario che generò gli esperimenti di Musil per le scene, paralleli al lavoro su L'uomo senza qualità.
Smarcare il teatro di Musil dall'etichetta di “Lesedrama”
L'intento è da un lato fornire nuove traduzioni agganciate all'oggi e ‘risintonizzate’ col pubblico odierno, superando quelle di Anita Rho e di Alighiero Chiusano, e dall'altro è quello di smarcare il teatro di Musil dall'etichetta di «Lesedrama», da opere teatrali buone solo per essere gustate attraverso la lettura in solitario. Provando anche a sfatare l'annotazione spietata che Bertolt Brecht appose sulla propria copia di Vinzenz e l'amica di uomini importanti («una merda»), Salgaro propone una scommessa a registi e attori italiani, per una riscoperta che oggi appare certamente più possibile, dati gli sviluppi della drammaturgia, della messa in scena e della recitazione, di quanto non fosse solo qualche tempo fa.
Considerati anche un preludio al teatro dell'assurdo del secondo '900, quei lavori teatrali vennero considerati da Musil come opposti a movimenti e tendenze teatrali dell'epoca, da cui tenne a distanziarsi, perché ritenuti privi di idee efficaci: «Dal Naturalismo è nata una realtà senza spirito, dall'Espressionismo uno spirito senza realtà: né l'uno né l'altro ne sono dotati» annotava l'autore. A supporto dell'opportunità dell'iniziativa di Salgaro, vi è la base filologica della Klagenfurter Ausgabe, l'opera completa a cura di Walter Fanta, Klaus Amann e Karl Corino, pubblicata nel 2009 dapprima su supporto digitale, e poi (ancora in corso) anche cartaceo grazie all'editore Jung und Jung.
Quella gigantesca raccolta che è riuscita a comprendere anche la «montagna di foglietti» scritti da Musil, ha fornito agli studiosi materiale determinante sulla genesi di tutta la produzione dell'autore. Una preziosa miniera che sta consentendo inoltre di integrare o correggere le edizioni canoniche curate da Adolf Frisé: «Grazie alla Klagenfurter Ausgabe ho potuto tenere in considerazione anche le micro-strutture testuali, nonché gli aspetti tipografici delle commedie», ci spiega Salgaro, che vede le opere di Musil percorse da un filo rosso: «È il concetto di ‘altro stato’, inteso come partecipazione totale dell'individuo alla realtà sia razionale che emotiva e di fusione con l'ambiente». I protagonisti delle maggiori opere di Musil, prosegue Salgaro, «compiono il percorso che li porta da uno stato ‘normale’, caratterizzato da un rapporto reificante con la realtà, allo stato ‘altro’, che consente ai personaggi di dare un senso alla loro esistenza, fuggendo dalle gabbie dello stato ‘normale’ e annullando i confini fra soggetto e oggetto, cosicché la vita può fluire densa di senso. Tutto ciò si ritrova anche nel teatro musiliano e lo rende nostro contemporaneo».