Pane e palcoscenico, Vachtangov il Maestro

Diego Vincenti, «Hystrio», ottobre-dicembre 2020.

A leggere vien voglia di fare teatro. Di capirlo, di lasciarsene irrimediabilmente sedurre. Come ogni anno succede a migliaia di studenti alle prese con l’arte e il pensiero di Vachtangov. Per alcuni è stato il perfezionatore del metodo di Stanislavskij. Per altri l’anello di congiunzione fra la bellezza formale e le rigidità teoriche del naturalismo psicologico. Ma prima di ogni altra cosa, nelle sue parole emerge forte (fortissima) la passione instancabile per il teatro. Un amore non fraintendibile, di chi è cresciuto a pane e palcoscenico, pronto a dedicare ogni minuscola parte di se stesso allo studio e alla creazione, nonostante gli innumerevoli ostacoli di una malattia che lo porterà alla morte prima dei quarant’anni. Il volume della Cue Press raccoglie stralci di diario, taccuini, lettere e appunti, per un’edizione riveduta e ampliata che rimane fondamentale per chiunque voglia avvicinarsi al regista russo. Anche per l’amplissima introduzione firmata da Fausto Malcovati, dove si sottolinea la tensione pedagogica di Vachtangov, la predilezione per il lavoro di gruppo, la pratica innovativa, la frequente ferocia contro gli esiti artistici di maestri e colleghi. Le ultime pagine sono dedicate alle immagini d’archivio. Peccato per il prezzo, non proprio popolare.