Sotto il segno della Biomeccanica

Giuseppe Liotta, «Hystrio», aprile-giugno 2017.

Dalla collana I libri bianchi della Ubulibri del 1993 torna oggi in libreria per la Cue Press L’attore biomeccanico che si avvale di una doppia introduzione: la prima, del curatore Fausto Malcovati, ci invita a leggere il volume non dal primo capitolo ma dall’Appendice che, dell’attività pedagogica svolta nello Studio di via Borodinskaja (1913-17), diretto da Mejerchol’d, ci offre illuminanti e decisivi materiali didattici; la seconda, più decisamente storica e documentale, di Nicolaj Pesocinskij, il maggiore studioso russo del regista fucilato nel 1940.

Se tutto il Novecento teatrale ha avuto come Maestro indiscusso Stanislavskij, questo inizio di terzo millennio nasce sotto il segno dell’inventore della biomeccanica, una pratica dell’arte scenica che, felicemente, Malcovati definisce «formazione in grande stile dell’attore. Ma anche attore in grande stile». Infatti è l’attore il centro del suo interesse teatrale; ma, diversamente da Stanislavskij che concentrava il suo ‘sistema’ su motivazioni di tipo psicologico, Mejerchol’d lavorava essenzialmente sul movimento, sulla ‘scienza del corpo’: è da qui che scaturiscono le emozioni.

Ogni esercizio biomeccanico ha un accompagnamento musicale che serve a ritrovare e scandire un ritmo interiore che servirà all’attore a fare diventare ‘infallibile’ il suo movimento in scena. Non solo attori eccezionali che sanno muoversi, ma soprattutto persone che sanno pensare; corpo e intelletto uniti per sviluppare al massimo le proprie potenzialità recitative. Un processo creativo che parte dal movimento per arrivare alla comunicazione col pubblico attraverso l’emozione e la parola. Training e improvvisazione sono i nuovi strumenti operativi del lavoro dell’attore che sono, poi, alla base di qualsiasi laboratorio di recitazione contemporaneo.