«Tennessee Williams» di Stanley Gontarski, recensione di Massimo Bertoldi (Il Cristallo On Line)

Massimo Bertoldi, «Il Cristallo On Line», 18 marzo 2023

Mancava in Italia un saggio monografico dedicato a Tennessee Williams, fondamentale autore noto per commedie accompagnate da allestimenti importanti come Lo zoo di vetro, Un tram che si chiama desiderio, Improvvisamente l’estate scorsa, La rosa tatuata. Colma la lacuna Cue Press con la pubblicazione di un volume molto interessante a appassionante, Tennessee Williams. Modernismo in t.shirt e rinnovamenti del teatro compilato da Stanley E. Gontarski, apprezzato scrittore, drammaturgo, direttore teatrale e regista.

L’obiettivo della ricerca è dichiarato con esplicita chiarezza: «estende[re] la rivalutazione di Tennessee Williams per contrastare l’opinione diffusa secondo cui il suo lavoro sarebbe caduto in un precipitoso declino negli anni Sessanta, quando il naturalismo cui era associato, non sempre per scelta sua, fu sostituito da innovazioni e sperimentazioni più europee, meta-teatrali, e quando la cultura vide una ricalibratura dinamica del desiderio sessuale e dei suoi costumi».

A guidare le interpretazioni testuali secondo i codici linguistici del teatro e a spareggiare le sorti storiche del repertorio dello scrittore americano interviene la contestualizzazione socio-cultura della ricezione di personaggi disegnati senza filtri e finzioni, immortalati nelle loro pulsioni erotiche e passioni, nelle paure e i desideri, con i loro incubi e i loro limiti anche fisici (Laura de Lo zoo di vetro è zoppa). Soprattutto si proiettano nel perimetro di se stessi prima di relazionarsi alla realtà, insidiosa e complicata.

Perciò i temi trattati, che spesso hanno attivato la censura, risultano trattati in modo autentico e con feroce realismo: l’alcolismo, il sesso e l’omosessualità, la perversione e i disagi mentali non sono accessori letterari descrittivi, assurgono invece a filtri narrativi attraverso un linguaggio privo di mediazioni, vitale, violento e palpitante, che si sostanzia in una vetrina di personaggi genuinamente perdenti, solitari e controversi, senza presente e senza futuro ma sostenuti da autentica vitalità.

Nel momento in cui queste figure diventarono soggetti cinematografici o teatrali provocarono scalpore lasciarono un segno indelebile nel perbenismo e nella morale dominante. È il caso dello scandalo prodotto da Marlon Brando nel 1947 quando interpretò la parte di Stanley Kowalsky in Un tram chiamato desiderio, indossando una maglietta a maniche corte aderente e sudata e recitando anche a torso nudo: si rovesciava l’idea di esibizione del corpo, di norma scenica, declinato al femminile e si affermava la mascolinità come espressione di erotismo e di oggetto di desiderio. Si infrangeva un tabù e si dimostravano le potenzialità del teatro e del cinema di procedere in quella direzione e a questo, nell’ombra silenziosa della lezione di Williams, lo spettacolo degli anni Sessanta e Settanta aggiunse la contestazione.

In parallelo inizia la seconda fase creativa del drammaturgo americano. Al realismo subentra un percorso sperimentale (The two-character play, Clothes for a summer hotel) che lo avvicina a Beckett, come pare alludere e indicare il titolo di una commedia dell’epoca, Slapstick tragedy.

Forse condizionata dall’immagine dell’uomo Williams – dichiaratamente omosessuale e vittima di frequenti crisi depressive sedate con abuso di alcol e barbiturici – oppure perché autore di una pungente rappresentazione della società (americana), il suo declino è rapido e inesorabile, mentre in Europa una maggiore considerazione è riscontrabile a partire dagli anni Ottanta, dopo la sua morte nel 1983 a New York.

È l’esatto contrario dell’andamento americano. In merito Gontarski analizza anche i contributi italiani ricordando le regie di Elio De Capitani e Antonio Latella.

Da questa biografia di agile nella lettura, impreziosita da un accurato apparato iconografico e da una ricca e aggiornata bibliografia, emerge il profilo a tutto tondo di un grande drammaturgo, inquieto e geniale che seppe stravolgere il linguaggio teatrale del secondo Novecento, al quale molto percorsi di avanguardia e di ricerca gli sono consapevolmente o inconsciamente debitori.

Sottoforma di postilla piace, infine, ricordare la messinscena pionieristica de Lo zoo di vetro da parte di Fantasio Piccoli, fondatore e direttore del Teatro Stabile di Bolzano, nella stagione 1959-1960 con la partecipazione di Armida Gavazzeni, Giaco Giachetti, Lucia Romanoni e Alberto Terrani.