Un diario in versi
Paolo Spirito, «via Po».
«Apro la finestra e ho gli occhi pieni d’Arno oliva oliva come i tram d’una volta la mia Firenze della fine di marzo giù da San Miniato agli specchi di Santa Trinità trionfante e sobria come una campanella francescana il camioncino delle verdure scende ai mercati e tesse un’aria serica – liscia – coi fari accesi di prima mattina. È giorno. Non si odono voci nel crepitio della pescaia».
È una delle struggenti poesie di Giorgio Albertazzi straordinario interprete e intellettuale che ci ha lasciati il 28 maggio 2016. Uno scritto che è parte della raccolta appena pubblicata postuma dal titolo Poesie e pensieri, Cue Press, 194 pagine, 22.99 euro – per espresso desiderio della moglie, Pia de'Tolomei di Lippa, che ha vissuto fino all’ultimo il grande faticoso privilegio di stargli vicino. Idea condivisa con l’attrice e partner di tanti spettacoli, Mariangela D’Abbraccio, e con Eugenio Murrali. Se Firenze si è drammaticamente scordata uno dei suoi figli migliori, non è così per gli affetti, per chi ha lasciato un segno, per il mondo dello spettacolo e della cultura che ancora attende che un Teatro della Sua amatissima Firenze gli sia dedicato. Come afferma Pia de'Tolomei di Lippa: «Le poesie di Giorgio si offrono come era lui e le sue interpretazioni a teatro: intime e pubbliche allo stesso tempo. Questo libro va considerato un diario in versi che attraversa la sua vita. Dall’infanzia, ricordo che lo ha accompagnato sempre, all’amore per la campagna fiorentina, fino ai legami familiari, passando per le relazioni sentimentali e professionali». Stupenda, intensa, commovente la Prefazione di Walter Veltroni, che sposò Giorgio Albertazzi e Pia de'Tolomei: «Ho molto amato la sua libertà intellettuale, l’intensità delle sue passioni, la grandezza del suo talento. Eravamo diversi e per questo ci stimavamo e ci volevamo bene. Ai miei occhi, prima ancora di conoscerlo, era l’Attore».
Le poesie di Giorgio Albertazzi si offrono come le sue interpretazioni a teatro: intime e pubbliche allo stesso tempo. Un diario in versi che attraversa una vita. L’infanzia evocata, la campagna fiorentina, i legami familiari, le relazioni sentimentali e professionali, la costante presenza della compagna e poi moglie Pia, le figure umane e gli animali della Pescaia emergono qui come un’enciclopedia delle emozioni.
Si compone così il ritratto di un uomo, e di un attore, contraddistinto dalla libertà intellettuale, dall’intensità delle sue passioni e del suo talento, dal rimettersi, sempre e comunque, in discussione. Leggendo Poesie e pensieri, l'emozione è stata immensa, anche perché mentre leggevo sentivo la voce di Giorgio che le declamava (ma il termine non è il più adatto). Ha scritto Rodolfo Di Giammarco su La Repubblica: «L’ultimo, inatteso, appassionato, insospettabilmente delicato, e pentito, e struggente spettacolo di Giorgio Albertazzi, è in un libro,Poesie e pensieri, pubblicato da Cue Press, co-curato con impagabile sentimento alla moglie Pia Tolomei di Lippa, da Mariangela D’Abbraccio già partner e compagna, e da Eugenio Murrali. Ha senso di memoria storica e discreta, la prefazione di Walter Veltroni, dove si dà anche lustro ai versi umani dedicati all’attore Antonio Crast. Ma a sollecitarvi, a spiazzarvi direttamente saranno i bagliori di Mia vita e morte, l’ubriacatura di Muoiono i nonni, gli occhi pieni d’Arno de Il mio fiume, o l’arrivare impreparati di Filastrocca per un compleanno dell’ottuagenario Giorgio che nel 2003 butta giù parole in libertà perentoria al Teatro Argentina («Ai miei amici qui/ dedico la matassa/ intricata e anarcoide/ della mia vita»). Anche se poi le pietre miliari incastonate qua e là -bello il montaggio diacronico dei pezzi- ha a che fare col diario serio o fibrillante degli affetti, a cominciare dall’indimenticato testimoniare della dedizione di teatro-vita per Bianca Toccafondi, sostando sulla ditta d’arte e di scena condivisa con Anna Proclemer, rivedendo in moviola Mariangela D’Abbraccio, evocando Elisabetta Pozzi da giovane, di fatto soffermandosi con una vera letteratura di meditazioni, poemi, appunti ed emozioni mature per Pia Tolomei di Lippa. Qua e là cita Gassman, e scatta qualche inimmaginabile affinità tra le poesie per Pia e il «Donna mia, moglie mia...» che Vittorio riservò a Diletta nei suoi Vocalizzi. Bravo, Albertazzi, quando a posteriori mette in guardia tutti contro di lui: «Attenti, quando recito, ai vuoti, ai contrattempi/ ai controtempi, all’assenza e al delirio». Poi, certo, è dispersivo, fanatico e agé, con l’eterno femminino, ma sincero con Adriano. Questa è l’ultima sua scheggia autobiografica autorizzata».
E qui dismetto la veste di ‘recensore’ per lasciare che siano i ricordi di una vita a restituire il senso dell'Amicizia che mi legava (che mi lega) a Giorgio Albertazzi e a Pia de'Tolomei.
Carissima Pia, sono sempre più convinto che più passa il tempo, più G – come hai amato sempre chiamare Giorgio - ‘comunichi’ non solo soprattutto con Te, ma anche con tutti coloro che, a vario titolo e con vissuti tra i più disparati, gli sono stati affettuosamente vicini nella sua lunga e intensa vita.
Ecco, nel mio infinitesimale esserci stato, sento tantissimo la Sua presenza, quei Suoi occhi magnetici che sembrano volerti leggere dentro ma anche farsi leggere dentro, la Sua voce, unica e irripetibile, che sembra un canto, una melodia, un duende che seduce e sgomenta per l'essenzialità scabrosa… «Animula vagula blandula, Hospes comesque corporis, Quae nunc abibis in loca Pallidula, rigida, nudula, Nec, ut soles, dabis iocos…» (Piccola anima smarrita e soave, compagna e ospite del corpo, ora ti appresti a scendere in luoghi incolori, ardui e spogli, ove non avrai più gli svaghi consueti). Avremmo dovuto fare un film con Giorgio, Sogni reali - di cui avevo scritto soggetto e sceneggiatura con un mio carissimo collega Rai prematuramente scomparso-ispirato parte alla sua biografia Un perdente di successo, parte al suo rapporto con Gabriele d'Annunzio, con la Duse, negli ultimi anni al Vittoriale degli Italiani, con l'architetto Maroni, l'Ermete psicopompo…
Come spesso accade nel mondo del cinema, purtroppo non se ne fece nulla, ed è fin troppo scontato dirti che Giorgio, anche se non lo dava a vedere, intimamente ne soffriva, come me se non di più, perché quella sceneggiatura gli era stata letteralmente ‘cucita addosso’ e perché finalmente gli si sarebbe resa giustizia anche come grandissimo attore di cinema, oltre che di teatro e di televisione. Riaffiorano molteplici ricordi, come la prima di Memorie di Adriano a Villa Adriana di Tivoli, nel lontano luglio del 1989. Una pagina altissima nella Storia del Teatro di tutti tempi, con quelle parole di Adriano-Giorgio pronunciate sul finale del capolavoro di Marguerite Yourcenar. «Cerchiamo di entrare nella morte ad occhi aperti».
Ecco, carissima Pia, credo che Giorgio sia proprio entrato nella morte come Adriano, ‘ad occhi aperti’, e quegli occhi, i Suoi occhi Ti accompagneranno e ci accompagneranno per l'Eternità.