Un grande avvenire dietro le spalle: Vittorio Gassman, autobiografia di un mattatore

Tiziana Cappellini, «Note Verticali», 22 marzo 2022

Nuova edizione edita da Cue Press per il volume che racconta la vita di uno dei più grandi attori italiani di sempre.

Edito la prima volta nel 1981, Un grande avvenire dietro le spalle. Vita, amori e miracoli di un mattatore narrati da lui stesso di Vittorio Gassman è stato riproposto dalla casa editrice Cue Press arricchito dalla prefazione di Emanuele Trevi. L’intento dichiarato del volume è quello di restituire valore commerciale a opere che i consueti standard di produzione hanno condannato alla scomparsa.

La voce di Gassman scorre vivida tra le pagine dei suoi racconti biografici, che in alcuni capitoli si fanno anche lettere o assumono la forma di brevi sceneggiature, terminando vent’anni prima della sua reale scomparsa avvenuta nel 2000.

Se è quasi superfluo ricordare la ben nota carriera di Gassman tra cinema, teatro, tv data la sua consacrazione già avvenuta nel tempo, è giusto invece ricordarlo anche come uomo che peraltro, raccontandosi, non nasconde i né difetti né errori. Nemmeno quello di essersi imbarcato in un matrimonio con consapevole assenza di convinzione. Dunque, naufragato poco tempo dopo.

I vari periodi della sua vita sono rievocati in ordine cronologico: al massimo alcuni capitoli contengono rapide interruzioni dovute a ricordi, che balenano nella sua mente per essere trasformati in narrazione sulla pagina.

Spazio non di poco conto occupano i suoi periodi statunitensi, professionali e sentimentali, terminati per avere avvertito un amore verso la propria patria più intenso del richiamo hollywoodiano.

Ma il richiamo più forte di tutti, che ha accompagnato l’altra vocazione profonda di dedicarsi alla recitazione, è quello paterno. Gassman si racconta anche in queste vesti, sottolineando in vari punti la difficoltà di essere padre di figli di età diverse, di donne diverse, di nazioni diverse. Confessando di sentirsi simile ad alcuni, lontano da altri, ma confermando sempre la sua propensione alla paternità e, certo, più di quanto lo sia stato per la fedeltà.

La cerchia dei suoi amici, alcuni dei tempi della frequentazione dell’Accademia Nazionale di Arte Drammatica di Roma, sembrano usciti da un manuale di teatro. Anche perché, in effetti, molti dei suoi colleghi di Accademia successivamente si sono ritagliati uno spazio significativo nel teatro stesso, scrivendone la storia. Basti citare Luigi Squarzina, suo amico già all’epoca del liceo. Così come i grossi nomi hollywoodiani da lui incontrati durante le sue permanenze negli Stati Uniti sono una parata di star, colte sì nell’alone dei set ma anche nel loro quotidiano, più o meno luminose.

È nel paragrafo finale dell’ultimo capitolo, La lunga vecchiaia, che Gassman chiude la narrazione e caratterizza quest’ultimo tratto con uno stile alla James Joyce, ovvero un flusso narrativo senza punteggiatura, per poi concludere:

«ma se volete sapere tutto tutto vi dirò che non mi dispiace di averli vissuti [i fatti miei] di viverli ho sempre pensato che esserci sia meglio che non esserci l’ideale certo sarebbe di arrivare a essersi ma questo è un altro e difficile e pericoloso discorso lo rimandiamo a un altro libro ancora a un’altra vita se ci sarà […]».